Mappa e territorio

di Franco Farinelli

Testo Franco Farinelli. Sbaglia chi crede che il soggetto della modernità sia l'Homo viator, il viandante, l'esploratore, il passeggero. Il Moderno si regge invece su di un altro protagonista, tanto statico e immobile che a Pavel Florenskij sembrava paralizzato come se fosse stato avvelenato con il curaro: lo spettatore che guarda il mondo secondo le regole della prospettiva fiorentina, e che perciò deve restar fermo affinché - paradossalmente - tutto il mondo si possa trasformare in spazio, in una distesa piana le cui parti sono equivalenti, sicché quel che conta è soltanto il tempo di percorrenza, la velocità. Walter Benjamin si meravigliava, notoriamente, che la Parigi delle foto di Atget fosse vuota d'abitanti, deserta, e attirava l'attenzione sul "nascosto carattere politico" di tali immagini. Aveva molta più ragione di quanta non riuscisse a spiegare. L'evacuazione della componente umana dal contesto urbano tra Otto e Novecento, la sparizione degli uomini e delle donne dal panorama cittadino, è il compimento del processo iniziato quattro-cinque secoli prima bloccando innaturalmente al suolo il portatore dello sguardo, e lasciando che soltanto il suo occhio (uno dei suoi occhi) si muovesse il più celermente possibile in direzione del punto di fuga, il punto che svanisce. Il corpo non segue l'occhio: è il principio di quella ritenzione che Derrida scoprirà in Rousseau. La vista dice il contrario del tatto: è il principio di quella schizofrenia. Ritenzione e schizofrenia che sono alla base dell'atto cartografico moderno, della triangolazione che per primo Leon Battista Alberti applica e teorizza, e in virtù della quale l'ordine del soggetto politico moderno per eccellenza - lo stato: qualcosa che per definizione non si muove - assume l'ordine spaziale a modello, al cui interno non c'è posto per soggetti mobili e visibili.
Arjun Appadurai parla di "congelamento metonimico" per argomentare che i nativi, gli indigeni, non sono mai esistiti, se per nativo s'intende un essere umano confinato nel (e dal) luogo in cui si trova, e non contaminato da scambi materiali e ideali con il resto dell'umanità. Il punto di vista di Appadurai è quello dell'antropologia postcoloniale, ma senza saperlo egli altro non fa che illustrare la proiezione, l'esportazione fuori dall'Occidente di una riduzione che prima di tutto vale per lo stesso uomo occidentale, prima immobilizzato e poi letteralmente reso invisibile dalla trasformazione moderna del mondo in spazio. Per tentare di comprendere come noi davvero vediamo le cose, lo psicologo James J. Gibson ha introdotto negli anni Settanta l'indagine del mondo visivo reale, in cui i processi percettivi vanno riferiti a situazioni di vita concrete, sicchè ad esempio non si vede l'ambiente soltanto con gli occhi ma con occhi che stanno in una testa sulle spalle di un corpo che va in giro. Sembra banale ma allora tale approccio, definito ecologico, fu quasi rivoluzionario, proprio perché si trattava di reagire - anche se Gibson non ne era consapevole - contro il principio fondamentale di tutta la modernità.
Se è qualcosa, la postmodernità è proprio la scoperta della natura mobile del soggetto. Il postmoderno non è, come Baudrillard vuole, l'epoca in cui il simulacro ( la mappa, la carta, cioè lo spazio) precede il territorio, ma proprio il contrario: la fine di tale precessione, di tale antecedenza, è la fine del paradosso moderno per cui la velocità è il prodotto di una relazione tra un soggetto che sta fermo e una Terra che, proprio in funzione dell'immobilità del soggetto deve diventare sempre più uguale, liscia e diritta in ogni sua parte. Proprio al rovescio di quel che Baudrillard sostiene la postmodernità è in realtà la fine dello spazio, del controllo della mappa sul territorio, del territorio come copia della mappa, dunque la fine dell'idea che in fondo il mondo si componga di oggetti e non di relazioni, di processi, di dinamiche.
Le pagine che seguono illustrano a dovere, in maniera rivelatrice e a volte dolorosa ma sempre esemplare, di quali processi e dinamiche si tratti.