Dall’intervista a Francesco Braglia

Sassuolo, Lunedì 16/12/2002 ore 12,00

Prima di andare in montagna ero militare, in Jugoslavia, a Gorizia, a Trieste, in Croazia. Venni a casa per ragioni diverse, come si sa dopo l’8 Settembre. I miei vecchi, i miei zii erano antifascisti e comandavano un po’ un gruppo di antifascisti. Allora non c’erano ancora motivi per andare sulle colline, in montagna, ma quando siamo stati nel ’44 che ci hanno richiamato, quelli delle classi ‘21/’22, hanno chiamato tutti i militari al distretto di Modena, ero presente con dei miei amici militari di Modena, di Mirandola, di Cavezzo, ho detto: “Ragazzi se noi andiamo a militare adesso, ci portano in Germania e non sappiamo più quando veniamo a casa, se andiamo in montagna non è mica meglio?” C’erano due signori in borghese assieme a noi che erano due militari del fascio, ci hanno portato in carcere e abbiamo fatto in carcere tre mesi, eravamo in 7/8 miei amici, mio fratello e Taglini quello che è morto in strada e Berselli Ugo quello che giocava nel campo sportivo di Sassuolo. Dopo tre mesi siamo usciti fuori di carcere: con quello che è successo in carcere, tutte le persone che hanno ucciso. Dopo, in Maggio, ci hanno messo sotto i militari di allora che erano i militari del Fascio, siamo stati 20 giorni a Nonantola e 20 giorni a Carpi mi sembra. Poi dopo, il tempo è passato, sono passati 2/3 mesi ancora, ho deciso di andare in montagna; in montagna si poteva andare perché c’era stato lo sbandamento di Montefiorino. Abbiamo aspettato ancora un mese o due, sotto le armi poi dopo sono andato in montagna [...].