Al Hansen

Una vita Fluxus di Claudia Zanfi

“All’inizio c’era confusione. Tantissima. Non quel tipo di confusione che esiste oggi circa che cos’è o era, o chi è o chi era Fluxus. Ma c’era, allora, tanto flusso nel Fluxus. Questo inizio confuso cominciò in Europa nel 1962, quando George Maciunas disse “Fluxus sia”, e quindi fu Fluxus sempre. Amen. So che la maggior parte delle storie di Fluxus cominciano poco prima del 1962, tante di esse con la premessa ragionevole che – senza John Cage, Marcel Duchamp e Dada, Fluxus non ci sarebbe. “[1]

Alfred Earl Hansen nasce nel 1927 nel Queens, sobborgo di quella New York City che negli anni del secondo dopoguerra, cresce e si va animando di figure d’artisti, poeti, scrittori, ribelli, giunti dall’Europa e da varie parti degli States. Alfred, già a vent’anni, è un fabbricante di storie e di leggende, anzi di sogni. Va acuendo un profondo senso per il racconto, puntellato da forti dosi d’ironia. Doti non comuni, per un futuro uomo Fluxus. La sua vita si svolge in un continuo intreccio di situazioni ed incontri straordinari, vissuti nell’ordinarietà dello scorrere quotidiano. Al Hansen è una persona semplice, divertente, senza pretese, coinvolto in cose apparentemente senza significato, ma che daranno vita ad una serie infinita di situazioni ispirate, complesse, significanti. Attraverso i suoi happenings, le sue performance – spesso tratte dalla sua stessa vita - Al Hansen è il vero creatore di quella che Maciunas definì la Fluxus-Art-Amusement: “….che ricerca le qualità monostrutturali e non plateali, di semplici avvenimenti naturali, in un gioco o uno scherzo. E’ una fusione di Spike Jones, vaudeville, scherzo, gioco di bambini e Marcel Duchamp.” [2]

Durante la seconda guerra mondiale Hansen è un fiero paracadutista, e riempirà tacciuni di racconti e di disegni, descrizioni sulla libertà di “volare”, di librarsi nell’aria come un uccello. Di ritorno a New York nel 1948, si installa in un lotf nel quartiere bohemiène della “Bowery”. Sposa Audrey e nel 1951 nasce la figlia Bibbie Anne. Successivamente inizia la sua passione per il viaggio: in effetti sogna di vivere su di una isola deserta, ma la sua sarà una reale vita nomadica, con forti connotazioni poetiche. La formazione artistica inizia negli anni ’50, dopo il ritorno dalla guerra, frequentando la Arts Student League nel Greenwich Village di NYC, la Cooper Union Art School e il Pratt Institute per le arti grafiche.Sarà invece fondamentale il suo incontro con John Cage, durante le lezioni seguite presso la New School For Social Research nella classe di “Musica sperimentale”. Qui Al Hansen impara a conoscere e si appassiona al cinema d’avanguardia di Eisenstein [3]. Inizia a sperimentare il suono di vari strumenti e si avvicina all’esoterismo, attraverso la lettura dei King; culturalmente è il periodo di congiunzione tra la diffusione della cultura Beat e del buddismo Zen. La manipolazione di normali strumenti musicali, la visualizzazione e teatralizzazione della musica, introdotti da Cage, la propagazione di nuove idee sul Teatro Futurista e l’Arte dei Rumori, seducono e coinvolgono il giovane Hansen.

A seguito dell’influenza di tali sperimentazioni, si sviluppa una nuova forma artistica: l’happening, la performance e in parallelo Fluxus. In quel periodo fecondo, molti sono i compagni di “viaggio” di Hansen: Kaprow, MacLow, Maxfield, Feldman, Higgings, Brecht. Con questi ultimi due, Hansen fonda nel 1958 il New York Audio-visual Group, creando “eventi” che si svolgono “downtown” Manahattan, presso “coffee-shops” come Epitome o il mitico Cafè au Go Go, o in gallerie alternative come la Third Rail Gallery, o ancora nella famosa sede della chiesa sconsacrata Judson Church. Tra il 1961/62 Al Hansen apre il suo primo studio a Brooklyn, poco distante dal Pratt Institute. Sarà questo un luogo di accentramento per le performance del gruppo Fluxus, e in generale per la scena newyorkese degli happenings.Gli eventi che si susseguono, quasi senza trama, spesso nati da improvvisazioni, hanno un orientamento di sapore dadaista.
Dada è anche il gusto per il “collage” [4], tecnica che l’autore addotta a partire dai famosi collages con carte di cioccolato Hershey dei primi anni ‘60, alle celebri veneri Venus composte con i materiali più differenti – cicche di sigarette, cartoni, corde, pellicole, lattine, oggetti vari - tutto ciò che rimaneva dalle performance – ideate a partire dagli anni ’70 fino alla sua precoce scomparsa. Grande ammiratore dell’opera di Kurt Schwitters, Hansen crea una propria “art-merz”, un’arte fatta dall’assemblaggio degli oggetti più disparati. Contrariamente all’ordine-disordine del grande Schwitters, Hansen insegue però un’unica, forte, inesorabile ossessione: la composizione dei vari oggetti, alla ricerca della bellezza universale, nella forma del corpo femminile. I suoi “collages” sono Veneri iconiche, sante e divine. In Search of the Goddess (Alla riceca della Dea) è il titolo di uno dei più ampi cicli di lavori dedicati all’icona femminile. Venus inalterabili, immobili, idoli per passioni e per preghiere pagane. Ad esse si piegano collezionisti e amici quali Warhol, Oldenburg, Lichtenstein, Jim Dine, Jasper Johns, Peter Hutchinson, Allen Ginsberg, Allan Kaprow. “C’è tutto il mio mondo, tutto un mondo ritrovato in quelle opere” [5], affermerà l’autore in riferimento alla quantità di oggetti “ready-made” usati nelle Veneri. Ancora più originale è l’uso - nei famosi collages argentati e dorati - delle carte di cioccolato della ditta americana “Hershey”. Qui i frammenti di carta diventano veicolo per riprodurre all’infinito la medesima ossessione dell’autore. “SHE”, ritagliato ed isolato dal centro della parola, viene ripetuto centinaia di volte, a ricomporre il caratteristico simbolo femminile. Il pensiero di Al Hansen anticipa quello che sarà, nella Poesia Concreta, l’uso di immagini e di parole, organizzate secondo una logica spaziale in contrapposizione alla normale struttura del testo e ai conseguenti risultati fissi, in una nuova funzione esplorativa.
Dalla metà degli anni Sessanta la scena Fluxus si muove prevalentemente tra Stati Uniti ed Europa, dove Body Art, Azionismo, il “Teatro dei Misteri” fondato da Hermann Nietsch?, e le sperimentazioni introdotte da Nam June Paik, rivoluzionano il significato e le modalità del fare arte. Hansen partecipa al secondo importante appuntamento Fluxus a Dusseldorf, nel 1963 (dopo quello iniziale a Wiesbaden del 1962), insieme a Robert Watts e Joseph Beuys. In questa occasione viene lanciato tra il pubblico il volantino del Fluxus Manifesto, scritto da George Maciunas [6]. Nel 1965 Hansen sperimenta, con Wolf Vostell, il Free Form Happening, libere interpretazioni e decostruzioni di partiture. Nello stesso periodo pubblica annunci sui quotidiani di Manhattan, in cui offre “happings in your home” (happening a domicilio).

Nella metà degli anni ’70 si lascia affascinare dalla città del cinema per eccellenza, Los Angeles, e si trasferisce a Hollywood con la figlia Bibbie, cercando di intraprendere un percorso da regista. A seguito dell’esperienza militare in Germania e del raggiungimento di una “ famiglia ideale ”, Hansen si trasferisce a Colonia. Qui organizza dei Fluxus Family Festivals e fonderà più tardi, nel 1987 con la compagna Lisa Cieslik, la Ultimate Academy, esempio di accademia d’arte interdisciplinare, libera, non convenzionale, e in parte autogestita dai medesimi studenti. Costanti problemi economici e una sorta di ”ansia ipercinetica”, spingono l’autore a numerosi spostamenti: da Colonia torna, prima negli Stati Uniti, poi di nuovo in Germania.
Nell’ultimo periodo il suo spirito “guitto” e il desiderio di luce e di sole, lo spingono a trascorrere parecchio tempo in Italia, soprattutto a Napoli (aveva già vissuto ad Asolo, negli anni ’70, da Francesco Conz). Qui la simpatia per un personaggio come Giuseppe Desiato, che della performance ha fatto la propria vita. Poi l’incontro con Peppe Morra e l’intenso lavoro degli ultimi anni. Nascono opere in cui Al Hansen combina la propria tecnica del “collage” al forte senso dell’ironia e dello scherzo, creando una serie di icone in stile fumettistico, una sorta di ritratti, dedicati ai grandi amici e compagni di strada di quegli anni. A Milano interviene presso lo Studio Lattuada (l’anno prima della scomparsa), a ideare ancora uno dei suoi mitici happenings. Vota arte resterà un intervento-evento - in collaborazione con l’amico artista Hans Hermann – in cui Al Hansen “crea arte -on the road- come la sua vita stessa” [7]. L’autore si fa trascinare per le vie del centro, fin sotto al Duomo, adagiato su un letto da ospedale con rotelle, mentre legge ad alta voce brani de “Il Principe" di Machiavelli. Al Hansen amava che la vita reale contagiasse i suoi lavori; ricercò sempre quella fusione totale tra Arte/Vita 8. Lasciò quindi gli amici interpretando una ultima performance dal titolo FluxusRequiem….?, nel giugno 1995.

Ma Al Hansen è sempre Fluxus-Flusso; la sua genialità, le sue intuizioni, sono ancora oggi segnali forti, elementi di riferimento per generazioni di autori che accolgono l’arte non solo come mezzo estetico, bensì come media sociale, politico e filosofico. Happenings, Situazionismo, Performance, fino alla cosiddetta Arte di Relazione, nascono e si sviluppano non distanti dal movimento Fluxus. All’interno delle sue azioni Al Hansen, già nel 1968 dichiarava: “ Per incontrare la gente bisogna fare “food-art” (arte con il cibo)” 9, espressione che nelle recenti Biennali - Manifesta - Documenta, è stata ampiamente rivisitata e proposta, affermando così, in modo convincente, la continuità e la reattività della Performance Art contemporanea, di fronte a questi grandi maestri.

1 Emmett Williams, Una anti-storia di Fluxus - Berlino 1980, in “Fluxus SPQR”, 1990.
2 George Maciunas, in op.cit.
3 Le teorie del regista russo e la grande passione per il cinema d’avanguardia, saranno i motivi principali delle iniziali sperimentazioni nell’arte cinematografica. Tra le opere in pellicola a cui lavorò Al Hansen vanno ricordate, oltre ai numerosi cortometraggi sperimentali, detti anche Multi-Films, i lungometraggi Jackpot del 1976; Child abuse in Hollywood del 1978, stroncato dalla censura per avere sollevato il problema dell’abuso sui minori.
4 “The happening is still courious and unique form theater in that one puts its parts together in the manner of making a collage. The things in a collage (……) might be worked in initially to fit with the things around them, but in the finished piece, any or several of these items might be covered over with black paint and have something imbedded in them. The same process seems to apply to the happening.” Al Hansen, A Primer of Happenigs and Time/ Space Art, Something Else Press, New York, 1965.
5 Intervista di Kurt Bracharz, presso la galleria “Lisi Hammerle”, Bregenz 1992.
6 “Fluxus purga il mondo dall’estenuatezza borghese, dalla cultura intellettuale, professionistica e commercializzata, purga il mondo dall’arte morta, dall’arte artificiale, dall’arte astratta, dall’arte illusionistica, dall’arte matematica”, G.Maciunas, 1962
7 Allan Kaprow, in Al Hansen. An Introspective, Koln 1995
8 “The happening focuses peolple onto the possibilities of an opportunity to see theater in life, or life experience as theater”, Al Hansen, Some more notes on the Fluxus phonomenon, 1990.
9 Al Hansen, 100 Year piece, in “Al Hansen. An Introspective”, Koln, 1995